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Lavoro

LAVORO

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di Teresa

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A Fiume, dopo l’occupazione titina del 3 maggio 1945, il governo Jugoslavo aveva stabilito che soltanto chi lavorava come dipendente aveva diritto alla tessera per l’acquisto dei prodotti alimentari.

Io ero in attesa dei documenti per l’espatrio e durante questa attesa, per avere gli alimenti, sono andata a lavorare come aiuto commessa, in un magazzino dello stato (tutto era dello stato!), un negozio di tessuti e vestiario.

Ho sempre lavorato con passione e questo mi è stato riconosciuto, infatti poco dopo la mia assunzione sono passata alla qualifica di commessa.

Ho lavorato con una clientela che parlava l’italiano (i miei concittadini) ma che man mano lasciava la città e veniva sostituita dalla popolazione slava, proveniente in gran parte dal sud della Jugoslavia. La direzione dell’azienda era tutta slava perciò si poteva comunicare solo parlando il croato. Io non lo parlavo ma lo capivo e, man mano, per necessità ho imparato a parlarlo discretamente.

Dopo il 1947, i documenti per l’espatrio si facevano attendere; il Governo ha dovuto porre un freno all’esodo dilazionando le partenze perché la città non poteva permettersi, da un momento all’altro,  di svuotarsi del 90% della sua popolazione. Per coprire il vuoto lasciato dagli optanti nei servizi, negli uffici e nelle fabbriche, si doveva rimpiazzare i partenti con le genti in arrivo dall’interno della Jugoslavia.

In questa situazione di precarietà , anche se non mi esprimevo bene nella loro lingua, a mia insaputa mi hanno promossa “dirigente”. Dico a mia insaputa perché per me era un normale avvicendamento di incarichi nei vari negozi; nessuno mi aveva comunicato la promozione e io svolgevo più o meno le stesse mansioni. Allora la busta paga non era dettagliata come ora, e in quella situazione transitoria si prendeva ciò che ci veniva dato, senza tante discussioni; nel mio caso poi è stato ricevere qualcosa in più, perciò nessuna domanda. Solo quando mi hanno consegnato i documenti per l’espatrio ho appreso che in azienda avevo la qualifica di dirigente!

La cosa mi ha fatto sorridere perché in quella situazione critica era facile emergere e fare carriera, praticamente avevo pochi concorrenti: i miei concittadini o erano già partiti o erano sul punto di farlo e i nuovi arrivati non erano ancora del tutto integrati.

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UN FATTO SALIENTE E IMPORTANTE NEL CORSO DELLA MIA VITA LAVORATIVA

di Noemi 

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E’ di enorme attualità (purtroppo!) l’argomento del lavoro che ho fatto con la mia partecipazione alla Commissione di valutazione per le graduatorie del personale ATA nel 1978.

Ero stata assunta in base alle graduatorie per titoli che risalivano a tre anni prima: un fatto che vedeva l’allora Provveditorato agli Studi di Milano in coda a tutti gli altri. La mole del numero delle domande, la mancanza di personale ecc. avevano  portato a questo e i disagi e il caos provocati erano molteplici, non ultima una circolare che garantiva i supplenti in servizio,  che restavano nonostante l’assunzione di quelli come me che erano entrati in base alla graduatorie provinciali.

Contro clamorosi fatti di clientelismo che si erano registrati in tutta Italia, il legislatore aveva istituito le graduatorie: un sistema più trasparente e legale  che garantiva una migliore equità nel poter accedere ai posti di lavoro ancora vacanti nel settore.

L’assurda situazione che si era creata faceva di me già all’atto della mia assunzione, una soprannumeraria e avevo chiesto di essere utilizzata in Provveditorato. Si era all’inizio del cambiamento informatico ed era appena stato installata una sezione dove erano dotati di computers e elaboravano i dati (tutto il resto si faceva a mano e avevo ancora la mia professionalità come buona dattilografa!). Le graduatorie dovevano essere digitali.

Sono stata messa a lavorare in una commissione di lavoro e abbiamo fatto un periodo veramente duro: iniziavamo alle otto di mattina e continuavamo nella valutazione con poche interruzioni sino alla sera (c’era chi si fermava addirittura sino alle ventidue e chi come me se ne andava alle venti). Non si teneva conto né dei sabati, nè delle domeniche…

Ho conosciuto persone che sono diventate amiche per lungo tempo e che ora non vedo più perché sono passati quarant’anni. Vantaggi non ne ho avuti se non il recupero dei sabati e delle domeniche in cui avevo effettivamente lavorato, escluse  tutte le ore che avevo fatto in più). Ci credevo con tutta l’anima e volevo contribuire a cambiare le cose… La mia piccola goccia nell’oceano credo di averla messa.

E così dopo tante fatiche e dopo l’inserimento dei dati, sono state stampate le graduatorie. In via Zebedia una copia era disponibile per la consultazione e agli sportelli c’erano degli impiegati e io stessa che leggevamo alle persone in coda i loro punteggi.

Quasi immediatamente è successo il finimondo: i fogli delle graduatorie sono stati strappati e le persone se le contendevano portandosele via. Io ho pensato che era gente come me e non avevo paura, così sono rimasta al mio posto e ho continuato a leggere e a dare informazioni…

Ad un certo punto ho visto che quasi tutti andavano ed ero sfinita. Mi sono girata e ho visto che gli impiegati del Provveditorato non c’erano più e dietro a me c’erano dei carabinieri. Allora ho lasciato la mia postazione.

La cosa buffa è che non avendo ricevuto spiegazioni ho letto a tutti i dati in modo sbagliato, ma nessuno se ne è lamentato…

Questo nuovo decreto proposto con l’abolizione delle graduatorie è un grande dolore per me perché penso che non sarei mai entrata nella scuola senza di esse, e che tutto è stato inutile…. Chi ha vinto?

 

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